domenica 26 agosto 2012

Non ho capito


Ci sono cose che non ho proprio mai compreso, ad esempio perché camminando di fianco al campo di grano dietro al cimitero della mia città si venga improvvisamente avvolti da folate di aria gelida, anche ad agosto.
Non ho mai capito perché la polvere non finisca mai, e perché non ce ne siamo mai preoccupati.
Non comprendo la silenziosa accettazione del male da parte della natura.
Non capisco quale ignota legge della fisica stabilisca che le cose si usurino, e questa eterna presenza immutabile del ciclo di nascita-crescita-morte.

Non ho neanche mai capito perché certi uomini sentano nel profondo il bisogno di dirti qualcosa quando gli passi accanto, anche la più grandiosa idiozia del secolo, pur di farti notare che loro sono lì e che hanno qualche ignoto significato nell'ordine della vita, o semplicemente per ricordarti del loro speciale attrezzo nelle mutande. Chissà che roba.
Ma nemmeno lo sguardo delle donne riesco a capire, e probabilmente è lo stesso che ho io, quando ti guardano per la prima volta (e alcune anche per la seconda, la terza, e così via) e sembrano farti una radiografia totale.

Non ho mai capito, e continuo davvero a non comprendere, per quale strana ragione uomini palesemente disturbati riescano ad avere successo in politica, e nonostante questo succeda da chissà quanti millenni, le persone continuano ad essere troppo poco acculturate per rendersene conto.
Per continuare sulla scia della storia, non ho mai capito perché questa viene sempre insegnata dal punto di vista dei potenti, dei vincitori, dei ricchi, i quali probabilmente rappresentavano il 3% (o forse molto meno) della popolazione totale. Ci crediamo tutti discendenti di grandi condottieri, o di uomini talmente ricchi che niente per loro aveva più molto valore. Non ci ricordiamo dei vili, né dei poveri, né degli uomini con grandi idee frustrate dalla misera condizione del loro inventore.

Non capisco perché la conoscenza non viene trasmessa geneticamente ai figli. Esseri più avanzati sicuramente possiedono questa capacità di fissare nel loro DNA ciò che imparano vivendo, assicurando ai figli una conoscenza millenaria, e la saggezza e l'apertura mentale necessarie per vivere nell'ordine di arricchirla ulteriormente.

Sinceramente, mi sfugge anche il motivo per cui io senta il bisogno di perdere così tanto tempo a scrivere, soprattutto a scrivere domande che ovviamente non avranno mai risposta...
E' che adesso che le ho fatte volare via, mi sento così leggera.

venerdì 17 agosto 2012

Uno di quei sogni

Chiudo gli occhi appena e il letto subito si allunga, si allarga, si solleva nella stanza, perde forma e colore; è diventato un libro.
Tu non ci sei e le pagine della tua parte di letto si sollevano, mi avvolgono e mi nascondono al vento. Il tuo odore non mi arriva più.
Sono già fuori, volo sopra i tetti dissestati del centro, sono sopra al mondo che conosco, ma non mi manca mentre lo abbandono. Gli leggo le parole del lenzuolo che mi abbraccia stretto, ma non sente, il suono della lettura mi fa scivolare via ancora più in fretta.
Più veloce più rapido più soffice l'aria intorno, è neve è panna è un mare di latte. Tu sei un puntino nero sulla cresta dell'onda. Diventi una virgola, e poi una piccola a, e poi una frase intera. "Ecco, ho finalmente scritto di te", penso.
Inchiostro di stelle su un cielo notturno, mi indichi la strada di casa; bianco sole in una rossa scia, brilli sotto ai miei piedi. Allunghi la mano sulla mia vita e mi tieni stretto tra le tue dita.
Apro gli occhi appena, sei qui, una mano che mi tiene per non farmi volare più via, e io mi sento a casa, dopo così tanto tempo.