mercoledì 12 dicembre 2012

Fermarsi ed ammirare

E' tempo di rallentare.
E' tempo di avere fiducia solo nelle proprie gambe.
E' tempo di pensare col cuore,
e di amare con la testa.
E' tempo di fare pace col cielo.
E' tempo di ricominciare ad amarci per quello che facciamo,
e non per quello che possediamo.
E' tempo di sorridere anche un po' con gli occhi,
e di parlare più spesso con il cuore in mano.
E' tempo di fermarsi a pensare.
E' tempo di fermarsi ad ammirare.


sabato 10 novembre 2012

Tu sei

Come la vita che il vento dà alle foglie
Come la vita che la luce dà alle ombre

Tu sei

giovedì 8 novembre 2012

Be your poetry

Write on me
words you can't speak
Write on me
dreams you can't tell
Let me feel words running on my skin
and I swear I'll be your poetry

sabato 27 ottobre 2012

Sabbia

"Viaggiatore, ma da quanto cammini?" "Non so", rispose il pellegrino. "Procedo in avanti da un po', senza una direzione precisa."
"Ti sei perso?" "Ho perso tante cose, ma mai me stesso, no."
Aveva l'aspetto di una persona coscienziosa, tuttavia veniva dal deserto, ricoperto di sabbia da capo a piedi, e non sembrava preoccuparsene.
"Perché attraversi le sabbie?" "Cercavo la felicità, e per un attimo mi è sembrata di sfiorarla con le labbra, ma non ne ricordo più il sapore."
"La felicità non la si può trovare da soli." Il viaggiatore aggrucciò lo sguardo. "Lungo la via, i miei occhi hanno cominciato ad oscurarsi, come per nascondersi dal sole cocente. Lungo la via, la voce del mio compagno ha cominciato ad abbassarsi, come per non sentirsi più obbligata a chiedere acqua ad una terra del tutto asciutta. Ci siamo persi, e con lui ho perso anche la luce del sole."
All'improvviso, quel pellegrino, sporco e assetato, si accasciò a terra, sfinito più dal dolore che dalla stanchezza. "Ad ogni passo ho sperato di ritrovarlo, ma se anche ciò accadesse, non potrei più vederlo come prima."
"Ma il sole brilla ancora, pellegrino, te lo posso assicurare. Se tu non vedi, lui sarà i tuoi occhi; e se lui non parla, tu sarai la sua voce; non devi smettere di camminare."
Lentamente, il viaggiatore solitario si tirò in piedi, e, percependo il tepore solare sulla pelle, ringraziò col sorriso: "E' vero, amico mio: non lo posso vedere, ma lo sento sulla pelle. Lui sarà sempre con me." E ripartì.

sabato 29 settembre 2012

La bimba nel buio

"A me piace crederci".  Questo è quello che ti risponderei, se tu fossi qui, ora, come quella notte di chissà quanti anni fa.
E' troppo tardi per sussurrarti la mia risposta definitiva? Allora non lo sapevo, non sapevo proprio cosa avrei dovuto dirti.
Alla tua domanda si era scatenato in me un insieme di emozioni strane e contrastanti, guidate in prima fila da un innocente stupore nel sapere che anche la mia amica nemica del cuore si faceva domande sul senso della vita: non eri poi così diversa da me.
Lì per lì era stato rifiuto: trovavo stupida la tua debolezza; ma un attimo dopo, la gratitudine, per aver aperto il cuore a me. Avevi fiducia in me e nella mia opinione, e per me questo era il regalo più grande. Infine avevo provato rabbia, perché non avevo idea di come risponderti. Come già era successo tante altre volte, non mi sentivo alla tua altezza.
Ora che sono più grande non ho smesso di sentirmi a disagio davanti ai tuoi occhi, però, grazie a quella tua semplice domanda, io so di conoscerti meglio di chiunque altro, perché conosco la parte di te che tieni chiusa a chiave sotto ai tuoi bei vestiti, dietro all'alcol che bevi per divertirti, al di là delle persone che hai scelto di frequentare.
Ogni volta che ti guarderò, io vedrò soltanto la bimba che nel buio sussurra "Sara, ma tu ci credi nel destino?", e mi dispiacerò per non averti risposto quella notte, per aver aspettato ad aprire il mio cuore a te, nell'illusione che, se ci fossi riuscita, forse non ti avrei persa.

A me piace crederci. Mi piace perché rende tutto più semplice e leggero. Se pensassi che tutto quello che ho e che sono sia solamente dovuto alla scelta di qualcuno, o ad un mio errore, o ad un'azione che poteva anche  non essere compiuta, finisco per lasciare troppo spazio a rancori e rimorsi.
Forse era destino che tu smettessi di volermi bene, e forse era destino che io non riesca a voler bene a nessuna amica più di quanto ne volessi a te. Il rancore non c'è più.

domenica 26 agosto 2012

Non ho capito


Ci sono cose che non ho proprio mai compreso, ad esempio perché camminando di fianco al campo di grano dietro al cimitero della mia città si venga improvvisamente avvolti da folate di aria gelida, anche ad agosto.
Non ho mai capito perché la polvere non finisca mai, e perché non ce ne siamo mai preoccupati.
Non comprendo la silenziosa accettazione del male da parte della natura.
Non capisco quale ignota legge della fisica stabilisca che le cose si usurino, e questa eterna presenza immutabile del ciclo di nascita-crescita-morte.

Non ho neanche mai capito perché certi uomini sentano nel profondo il bisogno di dirti qualcosa quando gli passi accanto, anche la più grandiosa idiozia del secolo, pur di farti notare che loro sono lì e che hanno qualche ignoto significato nell'ordine della vita, o semplicemente per ricordarti del loro speciale attrezzo nelle mutande. Chissà che roba.
Ma nemmeno lo sguardo delle donne riesco a capire, e probabilmente è lo stesso che ho io, quando ti guardano per la prima volta (e alcune anche per la seconda, la terza, e così via) e sembrano farti una radiografia totale.

Non ho mai capito, e continuo davvero a non comprendere, per quale strana ragione uomini palesemente disturbati riescano ad avere successo in politica, e nonostante questo succeda da chissà quanti millenni, le persone continuano ad essere troppo poco acculturate per rendersene conto.
Per continuare sulla scia della storia, non ho mai capito perché questa viene sempre insegnata dal punto di vista dei potenti, dei vincitori, dei ricchi, i quali probabilmente rappresentavano il 3% (o forse molto meno) della popolazione totale. Ci crediamo tutti discendenti di grandi condottieri, o di uomini talmente ricchi che niente per loro aveva più molto valore. Non ci ricordiamo dei vili, né dei poveri, né degli uomini con grandi idee frustrate dalla misera condizione del loro inventore.

Non capisco perché la conoscenza non viene trasmessa geneticamente ai figli. Esseri più avanzati sicuramente possiedono questa capacità di fissare nel loro DNA ciò che imparano vivendo, assicurando ai figli una conoscenza millenaria, e la saggezza e l'apertura mentale necessarie per vivere nell'ordine di arricchirla ulteriormente.

Sinceramente, mi sfugge anche il motivo per cui io senta il bisogno di perdere così tanto tempo a scrivere, soprattutto a scrivere domande che ovviamente non avranno mai risposta...
E' che adesso che le ho fatte volare via, mi sento così leggera.

venerdì 17 agosto 2012

Uno di quei sogni

Chiudo gli occhi appena e il letto subito si allunga, si allarga, si solleva nella stanza, perde forma e colore; è diventato un libro.
Tu non ci sei e le pagine della tua parte di letto si sollevano, mi avvolgono e mi nascondono al vento. Il tuo odore non mi arriva più.
Sono già fuori, volo sopra i tetti dissestati del centro, sono sopra al mondo che conosco, ma non mi manca mentre lo abbandono. Gli leggo le parole del lenzuolo che mi abbraccia stretto, ma non sente, il suono della lettura mi fa scivolare via ancora più in fretta.
Più veloce più rapido più soffice l'aria intorno, è neve è panna è un mare di latte. Tu sei un puntino nero sulla cresta dell'onda. Diventi una virgola, e poi una piccola a, e poi una frase intera. "Ecco, ho finalmente scritto di te", penso.
Inchiostro di stelle su un cielo notturno, mi indichi la strada di casa; bianco sole in una rossa scia, brilli sotto ai miei piedi. Allunghi la mano sulla mia vita e mi tieni stretto tra le tue dita.
Apro gli occhi appena, sei qui, una mano che mi tiene per non farmi volare più via, e io mi sento a casa, dopo così tanto tempo.

martedì 24 luglio 2012

Esseri umani

Noi siamo gli esseri viventi più speciali di questa terra.
Esseri che con il loro superiore intelletto sono in grado di servirsi di ciò che li circonda
e di asservire chi stia loro accanto.

Noi siamo migliori di tutte le altre forme di vita,
perché di un bastoncino facciamo il fuoco
e delle foreste facciamo energia.
Noi siamo anche gli esseri più fortunati,
perché l'energia possiamo permetterci di sprecarla,
nessuno verrà a reclamarla.

Noi siamo esseri d'elezione,
possiamo consumare tutto fino allo stremo!
Non c'è nessuno in grado di fermarci.

Noi siamo esseri superiori,
perciò non abbiamo bisogno di essere generosi,
né di avere rispetto di chi con noi lo è.

Noi siamo gli esseri più evoluti,
anche se dipendiamo da altra vita per nutrirci,
dalle piante per respirare,
dai fiumi per bere,
dalla terra per riposare,
e anche se nulla di tutto questo ci appartiene.

Produciamo benessere,
questo è tutto quello che conta,
anche se, per produrlo, lo togliamo agli altri.

Ci serve cibo,
obblighiamo milioni di animali a produrlo,
non importa se sia giusto o meno mangiare così tanto.
Ci serve la comodità,
estraiamo tutto il petrolio che c'è,
non importa chi o cosa distruggiamo.
Ci serve un pezzetto di carta,
tagliamo migliaia di alberi,
ci penseranno i nostri figli a sistemare.

Perché tanto, noi siamo i re di questo pianeta,
albero più o albero meno.


Non ce ne accorgiamo, perché normalmente li circoscriviamo all'ambiente circostante, come se non ci riguardassero, come se facessero soltanto da cornice alla nostra vita ingarbugliata, ma gli alberi, nonostante la nostra assurda arroganza, continuano ad offrirsi come nutrimento e continuano a produrre ossigeno, così noi possiamo continuare ad inquinare ancora un po'.
Perché lo fanno? Forse anche loro, un po' come me, hanno ancora dentro di sé la debole speranza che noi possiamo cambiare.
Basterebbe così poco.

lunedì 25 giugno 2012

Resistenza

Resistere vuol dire esistere due volte,
resistere vuol dire insistere di più.
Se resisto, non permetto né perdono,
se resisto, però, credo,
e se resisto, però, sono.
Se resisto è perché ho già visto,
come andrà a finire.
Se resisto è perché non conosco,
altra soluzione.
Resistere è portare con sé la forza del vento
e la pazienza del mare.
Io resisto.
Divento un muro, un urlo,
una bandiera all'aria.

lunedì 4 giugno 2012

Terremoto

Il tempo rallenta, le ore scandite dal fragore dei tuoni della terra
Il tempo scappa, i secondi scanditi da troppi battiti del cuore

giovedì 24 maggio 2012

gogo's adventures, part 3: filosofo al mattino, ruffiano col vicino

Gogo: "Ma ditemi, mio carissimo vecchio amico, non trovate che quella poc'anzi cominciata sia una splendente giornata? Dolce lo starsene qui, seduti, a lasciarsi accarezzare dal vento, così come dall'inebriante profumo di questi lunghi rami e dal delicato suono dello scorrere del tempo...
[....Pausa di riflessione....]
Come non aggiungere, all'incanto che si pone davanti ai nostri occhi, anche il melodico canto delle compari tortore, il leggero brusio delle vetture sfreccianti nella grande strada tangenziale, attutito soltanto dal cappello di nubi che tanto dolcemente sceglie spesso di avvolgere questa zona pianeggiante. Ma in vostra compagnia, nessuna nube, alcun rumore, né ignobile odore potrebbe incupire il mio così lieto umore..."

sabato 19 maggio 2012

Limiti

La mia vita a volte è cieca
Credo di vedere
standomene lì a sedere

La tua vita a volte è cruda
ma davanti al tuo specchio
mi sento nuda

Credi di conoscermi
sono solo confusa

Non voglio saperne
sono stanca di bere
sono stanca di dire cosa non va bene

lunedì 9 aprile 2012

gogo's adventures, part 2: in "viaggio" verso la biblioteca.

Ore 9:00. "Dooovee??? Dooove andiaamooo?? Dove dove dooovee?? Voglio sapere dove andiamoooo..!"
Ore 9:05: "Quando arriviamo??? Quando?"
Ore 9:09: "Siamo arrivati? Eh eh? Siamo arrivati?"
Ore 9:10: "Ho la pipì"
Ore 9:15: "Feerma feeeeerrmaa!!! Una cocker! C'è unaa cooockeer! Voglio annusarlaa...!"
Ore 9:16: "Ho la pipì..." (quando dicono così non ci cascate, è solo un trucco per scendere ed annusare il primo albero che passa)

Ore 9:20: "Di nuoovoo in biblioteecaaa??!:(:("

domenica 8 aprile 2012

gogo's adventures, part 1: biblioteca.


"Che noia, questa, sta ancora studiando.. Guarda che bel giardino qui fuori, non si potrebbe stare lì ad annusare un po' in giro? C'è quel vaso che sono sicuro essere pieno di puzze strane tutte da scoprire.."

domenica 18 marzo 2012

Immaginazione

Un postino
Uno come me può raccontare tante storie.
Storie parallele, storie incrociate, storie nel vento, il vento mattutino, quello pungente, a cui ancora non riesco ad abituarmi.
Vi vedo, signore e signori, ogni settimana, nelle vostre case, nei vostri uffici, nei vostri jeans, ma per voi sono quasi trasparente, una cornice al mondo esterno, un soprammobile, qualcosa che ci deve essere e che c'è sempre stato. Qualcuno di cui non notereste l'assenza.
In questi anni ho imparato a trarre vantaggio da questa mia invisibilità. Potrei dire a che ora si alza ciascuno degli inquilini del palazzo B di via Monferrati; quale colazione preferisce il ricco signore di via Cavani; potrei imitare l'abbaio acuto del cane abbandonato dietro alla fabbrica grigia.
Sono come una spugna: assorbo dettagli, osservo la routine, ascolto guai, cerco sorrisi. Infine, alla sera, saturo di voci, racconto storie ai miei figli.
Storie alla velocità di una pedalata e mezzo al secondo circa.

Un fiorista
Non amo la sera: il buio nasconde i colori, e io vivo di sfumature. Amo la mattina, e la sua brina sulle foglie.
La mia giornata è soddisfacente, torno a casa satura di odori. La mia giornata è lenta... Torno a casa di corsa.
Ci sono fiori che non vorrei mai vendere. Mi guardano per tutto il giorno, e ho quasi l'impressione che stiano ad ascoltarmi. I fiori sanno tutto di noi, ma probabilmente non ci comprendono, così come noi non capiamo la loro tenacia. Hanno il loro modo di comunicare, e noi siamo troppo distratti per sentire le loro parole.
Ho chiesto a mio figlio di regalarmi una videocamera. Vorrei filmare un fiore che si sveglia, una di queste mattine.

Un fumettista
Le aspettative dei lettori. Le aspettative dei personaggi. Le aspettative dei produttori. Le mie aspettative.
Aspetto, continuamente, anzi no. E' sempre il tempo che deve attendere me, e il mio arrivo.
Scadenze, ritardi, anticipi, orologi ovunque mi giri. Lancette... dovrebbero essere fatte per essere lanciate al capo, non per lanciarmi il suggerimento che è tardi e ho prodotto troppo poco.
Da piccolo ero molto bravo a disegnare e ne andavo fiero. Oggi, ogni mattina, mi sembra di disimparare appena poggio la matita, così, me la porto con me ovunque.
Leggo uno squanterno di libri per essere sempre pieno di idee. A momenti, anche la mia casa è fatta di carta. Carta, legna, alberi, deforestazione? No, sbagliato: io riciclo. Ho moltissime attenzioni per la natura, perché la rispetto: è grazie a lei se posso fare il mio lavoro.
La mia famiglia sono i miei personaggi. Mi accompagnano a casa, mi accompagnano a letto, mi accompagnano nei sogni, e anche a fare la spesa qualche volta... Eh già, non mangio carta, mi nutro come voi anche io.
Sono un po' fissato e paranoico. Forse sono anche troppo curioso, ma non sono mai abbastanza saturo di idee, di spunti o di vite altrui.

giovedì 16 febbraio 2012

Reggiti forte, si vive.

E' incredibile come il dolore trasformi le persone.
La paura diventa terrore di scivolare, ti aggrapperesti a qualsiasi appiglio lungo quella parete; la tocchi ma scivola via, sembrava tanto solida e invece scivola sotto le mani, non ce la fai. I sensi di colpa ti avvolgono, si nutrono del tuo insuccesso, ti divorano nei sogni, ti fanno rivivere i tuoi errori e anche quelli che non hai mai commesso, e diventano odio. Odi te stesso, quelle tue stupide mani che non riescono ad aggrapparsi alla serenità della vita, anche il sole si nasconde dietro le tue mani. Odi chiunque tocchi quel muro, odi quella vernice, quel quadro sbilenco, e quel chiodo, fisso nella tua testa. Sei costretto a guardarlo tutte le mattine, mentre scivoli nell'orrore del freddo mattutino, mentre strisci nella consapevolezza che devi affrontare tutto da capo; tocca a te, ormai. Ti rifugi nel tuo vittimismo, senti solo quello che vuoi sentire. Le voci diventano brusio confuso, ti chiedi perché stanno tutti meglio di te, e pensi: eppure no, eppure no, tutti soffrono, tutti odiano. Ma non li vedi: la tua depressione si concilia benissimo con l'egoismo, e allora srotoli tutti i tuoi affanni sulla schiena di qualcun altro, pretendi che stia peggio di te, lo spingi di fronte a quel viscido muro, e ti accorgi improvvisamente di essere solo.

Basta, papà. Tu non sei solo.

venerdì 3 febbraio 2012

Domando scusa, ma mi domandavo se....

...Saper rispondere è più importante di saper domandare?

Do-mandare è un atto di generosità?

La generosità genera altra generosità?

La saggezza passa attraverso la curiosità,
la curiosità attraverso l'apertura mentale,
l'apertura mentale attraverso la disponibilità di chi ti sta intorno a donarti spunti e idee,
qualità che dipende essa stessa dalla saggezza.

Morale__
Domandiamoci tutti qualcosa, perché genereremo risposte.

martedì 31 gennaio 2012

Il piano salva-nervi.

Il perdono è un bene di lusso che scarseggia sempre di più, o forse è a casa mia che c'è poco smercio.
Fatto sta che l'offerta diminuisce, ma la domanda cresce tutti i giorni, a causa dell'andamento esponenziale del numero di torti subiti, tradimenti, e prese per il culo varie. Dunque, per valide ragioni, il costo della mia capacità di perdono non può che aumentare, considerando che, coi tempi che corrono, il 20% (quantomeno) finirà tutto in tasse: 10% allo stress, 5% al tempo sprecato per calmarsi, 3% al tempo sprecato per trovare una soluzione invece che procedere con l'omicidio, 2% ai liquidi persi in lacrime. Purtroppo resta ben poco.
Vorrei un piano salva-nervi... ma, probabilmente, anche questo sarà al di là delle mie disponibilità finanziarie.


P.S. Davvero si può dare un prezzo ad ogni cosa?

Noi, (a volte anche) italiani.

"Dite che siamo chiacchieroni. Vero. Aggiungerei: pessimi ascoltatori, interessati soltanto al suono della propria voce. Ricordo il suggerimento di un conduttore televisivo ai suoi ospiti: “Non parlate mai più di due per volta.”
Di bell’aspetto e maniaci della moda. Qui bisogna intendersi. Certo, rispetto alla media europea ci sentiamo ancora degli elegantoni. Il calzino bianco da noi è perseguito per legge, specie quando è indossato sotto un sandalo. Se considerare i vestiti un messaggio del corpo, e non un contenitore per insaccati, è sintomo di “mania”, allora siamo maniaci. Ma non pericolosi e purtroppo neanche contagiosi. Sul latin lover, mi duole dirvi che state prendendo un abbaglio anagrafico. In Italia la propensione al sesso cresce con l’età. Da giovani si fa col contagocce (anche per questo mettiamo al mondo pochi figli) mentre dopo i 50 il maschio italico si tuffa finalmente nell’adolescenza. Siamo l’unica nazione al mondo ad avere avuto un presidente del consiglio settantenne con la bandana in testa come i tennisti e i cantanti rap. Sono soddisfazioni.

Non è vero che nessuno paga le tasse. I dipendenti e i pensionati le pagano fin all’ultimo cent. Non per senso civico, ma per mancanza di alternative. Noi non abbiamo il senso dello Stato. E’ lo Stato che ci fa senso. La comunità finisce sulla soglia di casa. Già lo zerbino è terra di nessuno, non vi dico le scale condominiali o i marciapiedi. Siamo patria solo da un secolo e mezzo. Per duemila anni abbiamo dovuto inginocchiarci a decine di invasori, ovviamente cercando sempre di fregarli. Ci siamo difesi chiudendoci nel privato e considerando un usurpatore, o comunque un estraneo, tutto ciò che sapeva d’autorità.

Individualisti? In realtà sappiamo fare squadra in condizioni di emergenza. A noi la normale amministrazione annoia. Ma nelle situazioni disperate ci avvolgiamo nel nostro mantello preferito, quello della vittima, e tiriamo fuori la specialità della casa: la mossa del cavallo. Sulla scacchiera europea tutte le pedine si muovono in orizzontale e in verticale. Solo il cavallo italiano riesce a spuntare là dove nessuno lo aspetta. Non siamo coraggiosi, ma scaltri. La nostra filosofia di vita è il contropiede, e non solo nel calcio. Ogni volta che siamo partiti all’attacco, dalla battaglia di Canne contro Annibale alla dichiarazione di guerra di Mussolini, siamo stati ridicolizzati. Ma quando retrocediamo a difesa della nostra porta (la famiglia, il “particulare”), allora riusciamo a estrarre da noi stessi dosi di resistenza e sacrificio imprevedibili. Moralmente ipocriti? La cultura cattolica di cui siamo impregnati ci rende tolleranti verso il peccato, specie se siamo noi a commetterlo. Nessuno al mondo si pente così bene come gli italiani.

Il nostro peggior difetto, lo avrete intuito leggendo questo articolo, è il compiacimento. Nessuno parla male del proprio Paese come noi, ma solo perché ci consideriamo talmente fortunati a essere nati qui che possiamo permetterci qualsiasi lusso: anche di sputare su quella fortuna."


Questo è l'articolo su La Stampa del 26/01/2012 di Massimo Gramellini. Trovo che sia divertente, e inoltre che dipinga un quadro perfettamente lucido (altrimenti non sarebbe firmato Gramellini) della realtà italiana.
Ho deciso di riportarlo, perché ritengo che solo prendendo coscienza dei nostri limiti potremo poi superarli. Siamo un popolo di "lamentosi questuanti", come dice sempre mia madre: uomini che devono fare domanda per qualsiasi diritto e che si lamentano per qualsiasi dovere; bravissimi a criticare, pessimi nell'autoanalisi. Divulgo allora questo messaggio fortemente autocritico nella speranza che qualcuno lo legga, ci rifletta e ne discuta, che sia o meno d'accordo.

L'articolo originale lo trovate qui: http://www3.lastampa.it/focus/europa/sezioni/europa-dei-luoghi-comuni/articolo/lstp/439891/

sabato 28 gennaio 2012

Francesca

Ho sentito la tua voce, al bar.
Hello there, the angel from my nightmare.
Ti ho detto cose inutili.
Tu invece, tra le cose inutili, hai aggiunto una cosa dal profondo del cuore, come se volessi parlarne con qualcuno. Non so se era il desiderio inconscio di liberarti di quel peso proprio con me, o semplicemente di liberartene.
Ho sofferto per te: ho sentito una fitta al petto, come se ci fossi stata io lì, a dirti che la mia famiglia era andata in pezzi.
Mi ricordo quanto eri dimagrita. Eri diventata filiforme, quasi volessi sparire, per non soffrire più.
Solo che, in piccola parte, o in una parte che non so davvero quanto sia grande per te, è stata anche colpa mia. Io ti ho ferita. Io ho pensato solo a me stessa, e ti ho ferita.
Non mi perdonerò mai.

Ho sentito la terra tremare.
Where are you? and I’m so sorry..
Dove sei?
Vorrei incontrarti ancora.
Farti capire dai miei occhi che mi dispiace.
Will you come home and stop this pain tonight?
Tu non ci sei. E’ troppo tardi. Arrivo sempre troppo tardi.

Ho sentito una canzone, alla radio, poco dopo.
Don’t waste your time on me you’re already the voice inside my head
I miss you, Blink 182.
Mi faceva pensare ai tempi in cui la cantavo con voi a scuola.
E poi, lo speaker alla radio: “Grazie a Francesca, che dedica questa canzone ad una sua amica, che le è stata vicina in un momento molto difficile”.
Rido tra me e me, piangendo. Più che altro piango tra me e me, abbozzando un sorriso. Non sono io, mi dico. E' impossibile. Io NON ti sono stata vicina. Io ti ho abbandonato in un momento difficile.
Non c’ero quando avevi bisogno, solo perché pensavo di non avere bisogno io di te.
Di errori ne ho fatti davvero tanti.
Perderti è l’unico che non riesco a giustificare.
Miss you, miss you.

giovedì 26 gennaio 2012

Fusi orari

Adoro guardare i fusi orari. Vedere che ora è nel resto del mondo è come viaggiare; è un filo sottile che mi tiene attaccata al mondo e ai miei sogni. Immagino la vita in quei posti, la luce per strada, cerco di immaginare le persone che vi ho conosciuto, cosa potrebbero fare.
Tutto questo mi fa sentire estremamente piccola, un po' come un puntino alla fine di una frase, che conosce abbastanza bene soltanto le lettere che lo affiancano. Di quelle più lontane non può nemmeno immaginare l'esistenza, né può immaginare il significato della frase di cui è parte. Solo un punticino che sogna di rimbalzare qua e là, curioso.
Osservare quella lista di orari per me è come avere di fronte un ventaglio di possibilità così colorato da far girare la testa. Di quei colori rimane nella mente un orizzonte sfumato, indefinito, un misto tra amarezza e inquietudine. Non è amaro non poter conoscere tutto ciò che sai essere alla tua portata? Non è inquietante l'idea di essere solo un punticino, che in realtà ha ben poche cose alla sua portata?

Nonostante tutto, penso anche sia sbagliato provare inquietudine, pensare alla vita come un'amara rassegnazione. Forse diventare adulti significa anche accettare di dover scegliere soltanto una fetta del ventaglio. Non è possibile vagliare ogni possibilità, il futuro è sfuggente, e noi siamo troppo minuti per abbracciare la sua infinita molteplicità. Siamo tanti puntini, ognuno vive il proprio tempo, il proprio presente, diverso per ciascuno di noi; costruiamo le nostre frasi, scriviamo una storia; questo non è un limite. La mia lista di orari, anche lei non è un limite: mi ha permesso di immaginare tutto ciò che non conosco, e mi ha rimesso in pace con il mio compito nel mondo. Mi ricorda, ogni volta che la guardo, che non sono sola, che il mondo ha bisogno di me, come io di tutti gli altri; mi ricorda di quanto contino le mie piccole azioni. Mi ricorda il senso di tutto quanto.

martedì 24 gennaio 2012

Primo post (fa quasi paura...)

Diciamo che tempo fa pensavo che soltanto un perpetuo silenzio mi avrebbe fatto sentire più ascoltata. L'incomprensione per il mio tacere, pensavo, avrebbe scatenato nuove attenzioni nei miei confronti. Cercavo comprensione senza avere il coraggio di ammetterlo. Non ho ottenuto molto, ma soprattutto, non l'ho ottenuto dall'unica persona che volevo mi ascoltasse.
Ora ho il bisogno di scrivere tutto quello che a parole non sono riuscita a spiegare, i dubbi che ho raccolto, i sogni che ho vissuto e tutta questa rabbia che non so come sfogare. Non è più solo bisogno di essere ascoltata,  ma di ascoltarmi, di ascoltare, e di raccontarlo.