sabato 7 dicembre 2013

Nausea

Nausea di questi giorni

in cui ho vissuto per i tempi morti.

Nausea degli indecisi,

dei confusi, degli indifesi e dei precisi.

Nausea di chi pretende tutto,

ma che non osa mai, pur di rigare dritto.

Nausea dei ritardi,

di tutti quei pesanti sguardi.

Nausea delle speranze riposte

in parole vuote e mal poste.

Nausea di chi non dice

che ha solo paura di essere felice.

Nausea di voler dare

ciò che nessuno sa ricambiare.

mercoledì 9 ottobre 2013

Perché viaggiare in autobus è frustrante

Questa di oggi è stata una giornata faticosa, una di quelle su e giù, giù e su e alla fine sei sempre lì. Una di quelle frustranti, e la mia giornata di solito diventa frustrante quando sono costretta a viaggiare con treni, ma, soprattutto, con AUTOBUS.

Viaggiare con l'autobus:
Ti ritrovi alla fermata, sudato, perché hai ingurgitato il tè, ti sei sciacquato i denti mentre ti lavavi le mani, hai dimenticato di chiudere la porta a chiave perché nel frattempo aprivi l'ombrello, hai messo i calzini spaiati, forse hai anche corso, ma l'autobus, imperturbabile, arriva pian piano sempre-alla-stessa-ora con quella calma snervante.
Una volta salito, hai quasi la sensazione di essere di fronte ad un "sistema passeggeri" compatto, come se fossero un gruppo chiuso e selezionato, non tanti individui, ma un insieme uniforme, per far parte del quale devi tirartela un po' e fingere che viaggiare in autobus, a te, non ti scuota proprio. Una serie di facce spente e prive di comprensione nei confronti del tuo affanno, ma che, poco segretamente, amano poter essere loro, adesso, a commiserare te, ultimo arrivato, affannato e frustrato.
Sei sopra al mezzo da poco e ancora non ti accorgi di far parte di un universo parallelo, in cui la fretta non serve a nulla, né serve a nulla continuare ad agitarti nel tentativo di cercare le precise monetine per il biglietto, che la mattina avevi accuratamente preparato (dopo mesi che conservavi le monetine più inutili per questo momento). Frughi con disperazione nella borsa per cercarle, e ripensi a quando hai deciso di non farti il caffè pur di avere il tempo di preparare le monetine, per esser certo che, all'ingresso del fatidico mezzo, nulla si intromettesse tra te e il successo nel rito di iniziazione del biglietto. Il sistema passeggeri ti guarda con sospetto, ma, finalmente, ci sei. Hai il biglietto in mano, sei sull'autobus, e senti che tutta la tua corsa contro il tempo è effettivamente servita a qualcosa. O almeno, questa è la prima impressione che hanno quasi tutti i passeggeri nel primo minuto di viaggio.
Dal secondo minuto di viaggio, ti rendi però conto che nel primo minuto vi siete spostati non più di 100 metri, e che una vecchietta ritardataria ha inseguito l'autobus dalla fermata a cui anche tu sei salito, riuscendo a raggiungerlo e a farlo fermare. Forse con la vecchiaia ci si fa davvero più furbi.
Ora che ti sei fatto un'idea della velocità a cui procede la corriera, ti adagi nella rassegnazione e nel primo sedile libero, entrando definitivamente a far parte di quel sistema passeggeri, apparentemente privo di ogni funzione vitale. Vi si trovano persone con sguardi fissi verso l'infinito scorgibile dal finestrino, altre con la bocca aperta e lo sguardo vacuo, altre deprimersi nell'ascoltare musica triste.

Viviamo in una società che usa denaro come moneta di scambio solo in apparenza, perché è il tempo il vero bene prezioso da offrire o ricevere. Il denaro lo ottieni se hai tempo da dedicare al lavoro, più tempo ci dedichi maggiore è il denaro che guadagni.
Sull'autobus, per tornare a lui, tutto si ferma. Ognuno di noi, messo su un autobus, è uguale a tutti gli altri, perché il tempo che impiega l'autobus è uguale per tutto il sistema passeggeri, e nessuno di loro ha il potere di cambiare la velocità del viaggio.
Per questo è frustrante, perché siamo abituati a poter controllare ogni cosa, anche il nostro stesso tempo, e poi ti ritrovi sbattuto lì, sull'autobus, impotente, a dover aspettare, ed è una cosa che non siamo più capaci di fare. E' come se venissi inghiottito da una nuvola soffice e ovattata chiamata "tempo morto" che ti tiene sospeso a mezz'aria. Muovi muovi le tue gambine, ma non serve a niente, perché è la nuvola che ti sostiene, e non ti lascia andare.
Ed ecco allora che, non avendo nulla da fare, le persone, per la prima volta, si fermano a pensare. Sono costrette a farlo, sono costrette a rimuginare sull'infinito fuori dal finestrino, a fare i conti col proprio dolore, anche al carissimo costo di apparire tristi, quasi un sacrilegio al giorno d'oggi.

Arrivi alla tua fermata. Ti ricomponi, rimetti indosso lo scudo, e sei catapultato fuori di nuovo nella sfuggente realtà di un mondo che non si ferma mai, in cui dovrai correre per lavorare di più, per guadagnare di più per avere i soldi sufficienti per comprare il tempo di fare ciò che realmente ti piace.

Ecco perché, quando posso, preferisco andare a piedi.

lunedì 7 ottobre 2013

Vita quotidiana

Our share of night to bear,
our share of morning,
our blank in bliss to fill,
our blank in scorning.

Here a star, and there a star,
some lose their way.
Here a mist, and there a mist,
afterwards, day!

(Emily Dickinson)

venerdì 23 agosto 2013

Ritagli


Lama delle forbici,
stride ad ogni scatto.
Ritaglio la mia anima,
con sforzo lacerante.
Il ricavato è piccola cosa,
nelle tue grandi mani.
La più preziosa parte di me
affidata alla tua bontà.
Ritornerò e sarà cresciuta,
più forte della lama.
Niente potrà separarci più.

giovedì 11 aprile 2013

Vento di mezzogiorno

Sei abituata a viaggiare leggera, per trattarti bene.
Sai che puoi sudare via i graffi ballando,
spingere via la delusione con un po' di cacao,
e niente potrebbe fermarti.
Corri via più veloce del vento e speri che non ti raggiunga mai.
Invece lui arriva, ti prende e ti avvolge completamente riempendoti i polmoni di aria calda.
Ti accende come fossi carta, ti fa bruciare,
ti assuefai a quel dolce tepore,
e, già prima di accorgertene, non ne puoi più fare a meno.

martedì 19 febbraio 2013

Così semplice, così maestoso

Era un uragano,
uno di quelli che non si ferma davanti a niente.
Non conosceva la direzione
o la provenienza della sua strada,
né aveva mai desiderato conoscerle.
Ascoltava soltanto il rumore che fa la vita.
E lui stesso era la vita,
l'inesorabilità del procedere in avanti
soffiando via castelli e fantasie,
il caos che rimescola gli orizzonti e le prospettive.
Un uragano. Così semplice, e così maestoso.
Uno di quelli che non sa nemmeno di essere solo,
che non sa nemmeno di essere temuto.
Era pura energia,
e questo gli impediva anche solo di fermarsi a dubitare.
Si sarebbe esaurito nella polvere così come si era generato,
ma nel breve danzare della sua esistenza aveva vissuto senza tempo,
senza fermarsi mai a riprendere fiato.

domenica 3 febbraio 2013

Dov'è il resto

Quando è stato il giorno in cui ho iniziato a nascondere le foto per dimenticare chi fossi,
quello stupido giorno in cui qualcuno mi ha strappato a metà come fossi di carta?
Schiaccio me stessa per far posto a quella ragazza che altri mi hanno detto di essere.
Pesto i piedi alle mie passioni affinché non rubino tempo ai miei doveri,
taglio la lingua alle voci del cuore pur di non essere sorda agli ordini che ricevo da fuori.
Confondo i miei sogni con quelli di altri, che, saggi o pazzi che siano, non sanno nulla di me,
per poi ritrovarmi a ficcare forte le mani nelle tasche, a perdermi con lo sguardo in cielo e a chiedermi cosa ne sia stato di me.
"Tu sei perfetta, ma stai per scoppiare" - quell'amico che aveva visto più di quello che c'era da vedere nei miei occhi e io non l'ho ascoltato. O meglio, non l'ho mai accettato.
Ora vado in giro cercando risposte e non so nemmeno quali siano le domande.
Questo quieto vivere non mi si addice più, preferisco scoppiare, preferisco rompermi in mille pezzi come fossi di porcellana, fare casino e buttarli tutti all'aria,
per poi rimettermi lì a cercare con calma dov'è il maledetto resto del conto che ho già pagato.

Quello che non vuoi

Lento, deposita polvere sui piedi.
Stretto, ti avvolge nel suo gelido velo.
Tesse, ogni giorno, la tua ragnatela,
finge la vita davanti al tuo sguardo.
Tinge tutti i colori di blu cobalto,
scaccia il coraggio fottendoti il cuore.
Mescola i sogni e li vende per strada,
galleggia nel collo,
brucia nel petto.
Beve le lacrime che piangi di notte
e ti lascia appassire sotto agli occhi del sole.

venerdì 1 febbraio 2013

Qualcuno a cui sussurrare

La verità è che, io, non sono niente.
La verità è che affogo e non voglio essere salvata.
La verità è che questo oceano è troppo vasto, e, io, non sono niente.
La verità è che non trovo navi che portino il mio nome.
La verità è che non trovo cartelli che mi indichino la direzione.
La verità è che mi sono persa e non voglio essere trovata.
La verità è che è ho queste grosse catene ai piedi e non ho forza per gridare.
La verità è che non ho forza per gridare e non ho nessuno a cui sussurrare.

venerdì 11 gennaio 2013

La signora degli alberi

La signora degli alberi parla con loro,
li accarezza con cura come fossero d'oro.
La signora degli alberi la vedi nel vento,
in un campo di grano le sei sempre accanto.
Canta canzoni di fiori per strada,
incide poesie d'amore sui legni d'annata.
La signora degli alberi li conosce uno ad uno,
raccoglie i loro frutti uno per uno.
Perde un dente se un albero muore,
ma se scende la pioggia si riempie d'ardore.
Perde capelli al loro sonno autunnale,
ma al ritorno del Sole ha un sorriso speciale.

giovedì 3 gennaio 2013

Ho visto un mare d'acqua rivolto ad est

Ho visto un mare d'acqua rivolto ad est,
i miei pensieri erano così fitti da far rabbrividire le onde.

Infiniti i granelli sotto i miei piedi,
almeno quanto gli scintillii della luce sul manto dell'acqua.

Ovunque guardassi, ero circondata dall'infinità della più vasta moltitudine,
eppure non mi bastava.
Così mi sono tuffata,
annebbiando le increspature dei miei pensieri.
Mi sono lasciata trasportare,
e sono diventata parte dell'infinito,
ma lui, lento ed imperscrutabile, mi ha dolcemente riaccompagnato alla riva.
Non era il mio posto, non era la mia strada,
ma era la sua, e questo mi sarebbe bastato!

La felicità non è forse l'ignoto che si nasconde dietro l'immensità di un oceano,
dietro l'inquietudine delle maree che desiderano raggiungere la luna,
dietro l'inaccessibilità del sole?

Così sono rimasta lì, le spalle ad est,
immutabile come la luna,
ad aspettare l'inquietudine di quel mare d'acqua,
quando si accorgerà che, della luna, ha sempre posseduto soltanto un riflesso.