sabato 28 novembre 2015

Farsi primavera

«Certo che ti farò del male. Certo che me ne farai. Certo che ce ne faremo.
Ma questa è la condizione stessa dell’esistenza.
Farsi primavera, significa accettare il rischio dell’inverno.
Farsi presenza, significa accettare il rischio dell’assenza».

(Il Piccolo Principe)

venerdì 27 novembre 2015

Dinanzi a sé un tempo infinito

E poter buttare via le notti, così..
Non rifugiarsi nel sonno,
non paura di fare tardi,
lasciare sorgere il sole,
pregustare dinanzi a sé un tempo infinito,
da non doversi angustiare.
(Il deserto dei tartari, D. Buzzati)
Foto di Sara Palmonari

giovedì 26 novembre 2015

Un perfetto signor Nessuno

Quell'uomo si è rivelato una nullità, - disse il dottor Schoenweiss. - Un perfetto signor Nessuno. Una maschera. Uno che si atteneva a tutte le regole del tempio. Una faccia allegra ogni venerdì a casa nostra. Ma dietro quella faccia, dietro quella maschera, chi c'era?
- Un perfetto Nessuno. - disse la signora Schoenweiss.

(D.F. Wallace)

Rami che la corrente porta via

Le mie lacrime si unirono al fiume.
La vita scorre, pensai.
Le persone galleggiano sulla cresta, come i rami che la corrente si porta via.
Siamo niente, anche se ci ostiniamo a non crederci. Solo rami...
(da "Julia", Bonelli Editore)
Foto di Sara Palmonari

domenica 15 novembre 2015

Siamo noi quei morti

Il torpore autunnale,
la tenerezza invernale,
nulla rimane.
Rimaniamo soli su questa terra,
dove neanche le stagioni vogliono stare.
Siamo figli illegittimi di un Novembre crudele,
nati morti imbalsamati
dal terrore che ci vogliono suscitare,
ricoperti da capo a piedi di polvere da sparo
che soffoca chi vuole scappare.
Quelle vite perse
quelle lontane, quelle vicine,
ci guardano,
dietro al vetro dell'ingiustizia,
ma noi abbiamo i piedi sporchi di fango,
siamo morti impantanati
figli dell'orrore che abbiamo alimentato.
Ci vorrebbe uno scroscio di pioggia
a distillare pace
col silenzio di chi ascolta
l'acqua che cade.
E invece c'è solo il frastuono di un dolore tagliente,
che fa smagliare il vestito di queste giornate abusate,
rarefatte e infinite,
tramortite, dal peso delle dita di mille grida,
che graffiano stridenti
in gola di centinaia di innocenti.
Vorrei contagiare il mondo con uno sbadiglio
renderci tutti vittime di un sonno letale
che perdoni
queste giornate
lacerate.

mercoledì 4 novembre 2015

La storia dei 30 pesciolini

La storia dei 30 pesciolini

La luce proietta benissimo l'ombra della mia mano sul muro a sinistra del letto.
La osservo nella sua nitidezza.
Il gesto di guardare il muro di fianco al letto mi ricorda la cameretta che avevo quando ero piccola. Sul muro alla sinistra del letto avevo una carta da parati con dei pesciolini in fila indiana. Tutta una lunga serie di pesciolini blu su sfondo giallo.
Mio padre veniva in camera mia per darmi la buona notte e contava i pesciolini fino a 30. Non ricordo perché 30. Forse mi aveva chiesto un numero a caso fino a cui contare, e io avevo scelto la data del mio compleanno.
Fatto sta che il gioco mi piaceva talmente che, dopo il muso del trentesimo pesciolino, avevo fatto un segno a biro, indispensabile per ricordare a mio padre che non poteva mica sbagliarsi e procedere oltre: doveva arrivare a 30 e stop. Era mio Padre, non si poteva mica accettare che si sbagliasse a contare, lui! Meglio prevenire e farci un segnetto.

Presto ho scordato il gioco dei pesciolini, ma il segno è rimasto.
Anni dopo, rivedendoli, mi erano sembrati meno numerosi di quello che ricordavo. Li avevo contati tutti in pochi secondi, superando la barriera del 30, ed ero arrivata a 97. Non nascondo di aver provato delusione nel realizzare che 30 pesciolini sono davvero pochi.
Mi sono chiesta come avessi potuto dare tanta importanza ad una striscia di carta da parati, per lo più così piccola. Era sbiadita e l'ho trovata davvero brutta. Le rimaneva attaccato soltanto il fascino che solo lo sguardo dei bambini può attribuire. Il fascino dell'apparente infinita numerosità di quei pesciolini, per una piccola Sara che aveva da poco imparato a contare. Chissà dove avremmo potuto arrivare se avessi cavalcato sulla groppa uno dei pesciolini e mi fossi lasciata trascinare dal flusso infinito. Forse in mondi marini lontani e misteriosi, come quelli dei sogni.
E allora mi sono anche chiesta se davvero questo gioco era stato un gioco abituale, della buonanotte, o se era successo una sola volta e il resto era tutta fantasia.
Mi sono chiesta se la "barriera" non fosse stata tracciata soltanto dopo la sparizione di mio padre dalla mia vita, in modo da sapere, grazie al segnetto, dove dovevo fermarmi nel contarmi i pesciolini da sola.
Non c'era gusto nel contarli da sola, né nel modo in cui me li contava mia madre.
Poi ho realizzato che erano come delle pecorelle che saltano lo steccato. Forse me ne bastavano 30 da bambina per finire spedita nel mondo marino misterioso dei sogni.
Ora ne servirebbero molti di più.. O forse no, se fosse di nuovo mio padre a contarli per me.

Ora gli occhi sono lucidi e più stanchi ancora. Stanchi di piangere. Stanchi di tracciare segni di biro ed ergere barriere per sapere dove fermarmi per non sentire la mancanza. La mancanza di tutto.
La mancanza di tutto ciò che si perde nel tempo.
Di tutto ciò che non vuole rimanere. Di tutto ciò che decide di andare. Di tutto ciò che si semina e non si raccoglie mai. Di tutto ciò che crolla e nessuno ricostruisce. Di ciò che si costruisce e poi si abbandona.

Così stanchi che, forse, per stavolta, anche 30 potrebbero bastare.
1 pesciolino.. 2 pesciolini.. 3, 4, 5, 6.....

lunedì 2 novembre 2015

Acqua

Tristezza limpida del sole che scorre
Una folata di buio ha aperto un varco
Ha rotto gli argini sul volto del tempo
E cosa esce ora, dalla paura del fiume?
Escono fiabe dipinte di rosse foglie autunnali,
Che volano via per perdersi lontano,
Unirsi al flusso di vita che scorre
Vita che scorre triste, insieme al sole
Lui, che è costretto dal tempo a partire per mondi distanti,
Si rispecchia un'ultima volta nel riflesso del letto del fiume
Insieme all'acqua può inondare ogni cosa
E navigare con bandiere levate ad addolorato addio
Acqua che trapela nelle parole e persino nei sogni
Anche quelli nati dal sonno della primavera stanca.