mercoledì 4 novembre 2015

La storia dei 30 pesciolini

La storia dei 30 pesciolini

La luce proietta benissimo l'ombra della mia mano sul muro a sinistra del letto.
La osservo nella sua nitidezza.
Il gesto di guardare il muro di fianco al letto mi ricorda la cameretta che avevo quando ero piccola. Sul muro alla sinistra del letto avevo una carta da parati con dei pesciolini in fila indiana. Tutta una lunga serie di pesciolini blu su sfondo giallo.
Mio padre veniva in camera mia per darmi la buona notte e contava i pesciolini fino a 30. Non ricordo perché 30. Forse mi aveva chiesto un numero a caso fino a cui contare, e io avevo scelto la data del mio compleanno.
Fatto sta che il gioco mi piaceva talmente che, dopo il muso del trentesimo pesciolino, avevo fatto un segno a biro, indispensabile per ricordare a mio padre che non poteva mica sbagliarsi e procedere oltre: doveva arrivare a 30 e stop. Era mio Padre, non si poteva mica accettare che si sbagliasse a contare, lui! Meglio prevenire e farci un segnetto.

Presto ho scordato il gioco dei pesciolini, ma il segno è rimasto.
Anni dopo, rivedendoli, mi erano sembrati meno numerosi di quello che ricordavo. Li avevo contati tutti in pochi secondi, superando la barriera del 30, ed ero arrivata a 97. Non nascondo di aver provato delusione nel realizzare che 30 pesciolini sono davvero pochi.
Mi sono chiesta come avessi potuto dare tanta importanza ad una striscia di carta da parati, per lo più così piccola. Era sbiadita e l'ho trovata davvero brutta. Le rimaneva attaccato soltanto il fascino che solo lo sguardo dei bambini può attribuire. Il fascino dell'apparente infinita numerosità di quei pesciolini, per una piccola Sara che aveva da poco imparato a contare. Chissà dove avremmo potuto arrivare se avessi cavalcato sulla groppa uno dei pesciolini e mi fossi lasciata trascinare dal flusso infinito. Forse in mondi marini lontani e misteriosi, come quelli dei sogni.
E allora mi sono anche chiesta se davvero questo gioco era stato un gioco abituale, della buonanotte, o se era successo una sola volta e il resto era tutta fantasia.
Mi sono chiesta se la "barriera" non fosse stata tracciata soltanto dopo la sparizione di mio padre dalla mia vita, in modo da sapere, grazie al segnetto, dove dovevo fermarmi nel contarmi i pesciolini da sola.
Non c'era gusto nel contarli da sola, né nel modo in cui me li contava mia madre.
Poi ho realizzato che erano come delle pecorelle che saltano lo steccato. Forse me ne bastavano 30 da bambina per finire spedita nel mondo marino misterioso dei sogni.
Ora ne servirebbero molti di più.. O forse no, se fosse di nuovo mio padre a contarli per me.

Ora gli occhi sono lucidi e più stanchi ancora. Stanchi di piangere. Stanchi di tracciare segni di biro ed ergere barriere per sapere dove fermarmi per non sentire la mancanza. La mancanza di tutto.
La mancanza di tutto ciò che si perde nel tempo.
Di tutto ciò che non vuole rimanere. Di tutto ciò che decide di andare. Di tutto ciò che si semina e non si raccoglie mai. Di tutto ciò che crolla e nessuno ricostruisce. Di ciò che si costruisce e poi si abbandona.

Così stanchi che, forse, per stavolta, anche 30 potrebbero bastare.
1 pesciolino.. 2 pesciolini.. 3, 4, 5, 6.....

Nessun commento:

Posta un commento