domenica 25 settembre 2016

Io preferisco un'amaca

Ma quanto è deserta la strada questa sera?

Ho un amico che mi sta chiamando da un altro continente.

Allora è vero che settembre ha un po' di tristezza, che tutto sembra ancora luminoso, ma è una luce che ci scivola via mentre tentiamo di afferrarla.

Do un calcio a un sasso.

E so perfettamente quand'è che sono tornato a sorridere, ed ero solo, e correvo, e la pioggia cadeva, e si portava via il tuo nome, e non sapevo più dov'è che ero, o dove sarei stato. Ma l'importante era ridere, senza sapere perché. Come fanno i bambini. Perché siamo vivi. Sì. E anche se non so dove sarò domani o che ne sarà di noi, questa cosa, qui, non ha più importanza.

C'è un tipo che sta suonando qualcosa giù in un locale.

Autunno, mi mancavi. Che cos'hai in grembo per me? Quali tragedie, quale noia, quale gioia? Sono pronto. Comunque vada, ora io sono pronto. Va' a dire a Colombo che può fermare la sua caravella e fare ritorno, che l'America ci serve viva, mica in un sogno. E che Penelope la smetta di disfare quella maledetta tela, che faccia quel che vuole. Io preferisco un'amaca.
E c'è posto per tutti qui, persino per chi migra dalle proprie paure. Siamo tutti sfollati quando non abbiamo un corpo da abbracciare. Un po' di tabacco, qualche buon progetto sul futuro, impegni, sacrifici, certo, le cose che nessuno ti dice. Che il tramonto che vedi nasconde un'intera giornata di parto, che per essere Bellezza bisogna prima aver attraversato ogni singola parte di te stesso.

E allora questa strada non è già più tanto deserta.

In marcia, si torna a casa. Si torna in sé ed è già bellissimo così.


(Cardiopoetica)

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