mercoledì 7 settembre 2016

Tempera

Sto temperando una matita. E' una matita molto morbida. La punta scorre liscia sotto la lama e da essa nasce una sottile fetta di legno a forma di spirale smussata, perfetta nella sua naturalezza.

Sono distratta e potrei continuare a girare la punta fino a consumarla tutta, assuefatta da questo gesto meccanico tremendamente piacevole.

Assorta nei miei pensieri, mi chiedo quanto debba durare un'esperienza gradevole per rimanere tale.
Se una scadenza è necessaria a farci apprezzare le cose della vita, allora, forse, conviene spezzettarle in tanti piccoli episodi per goderne appieno.

Eppure mi sembra di aver passato una cosa come 427 giorni a temperare, e temperare, e temperare, continuando comunque a godere, narcisisticamente, dell'affabilità di questo bastoncino di legno.

Il piacere dilata il tempo; e, tuttavia, ha anche accorciato la mia matita.
Devo decidere se valga la pena perdere i mille disegni che potrebbe tracciare, in nome del solitario appagamento che mi dà il temperarla.
Non ci metto molto a scegliere: voglio ancora poter disegnare il mare e il vento, un gatto, l'amore, il custode di un orto botanico, un sorriso, un quadro, la vita e gli alberi lungo una strada. E allora mi interrompo bruscamente, spezzando di netto la spirale di tempera.
La osservo preoccupata. No, non ha perso il suo fascino iniziale. Conserva tutta la potenziale bellezza della lunga spirale che sarebbe stata, se non mi fossi fermata, ma, in più, mi ha regalato una matita appuntita con cui viaggiare e altri futuri episodi di piacere, scadenze di felicità.

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