mercoledì 2 dicembre 2015

Sono quello che resta

Eccomi qui.
Sono quello che resta.
Io sono quello che resta,
quando il concerto rock è finito, il batterista ha regalato le sue bacchette, il pubblico si è defilato,
qualcuno ha pianto, qualcuno ha criticato l'acustica, qualcuno era distratto e cercava soltanto un modo per stare lontano.
Gli operai hanno spento le ultime luci, gli addetti alla sicurezza hanno terminato i controlli, sicuri che domani sarà giorno.
Sono quello che resta,
alla fine di una festa qualsiasi,
alla fine dei rituali per assicurarci che tutto vada bene,
alla fine dei dubbi, dei se, dei congiuntivi trascinati,
alla fine dei turni in fabbrica,
alla fine delle solitudini che riempiono stanze affollate
e al termine delle coperte a coprire chi in due si sente un po' più vivo.
Sono quello che resta,
dopo il terrore, l'assurdo, lo sdegno vestito d'abitudine,
l'attesa che qualcuno scriva una storia diversa, ogni anno, ogni secolo,
sono quello che resta alla fine di tutti gli uomini e tutte le donne che desiderano soltanto un po' di tenerezza,
e senso
e un non dover morire proprio,
perché non basta mai.
Sono quello che resta quando anche me stesso finisce,
quando di me si è detto eroe, vigliacco, stupido, intelligente, nero, rosso, poesie, normative, genio, polvere,
gli istanti dopo aver ricordato il dolore, gli istanti dopo essermi creduto felice.
Sono quello che resta,
quando il sole avrà smesso di tramontare,
e i giorni avranno perduto tutte le loro banali promesse,
quando la pioggia avrà smesso di cadere per trovare un pretesto per esistere, quando avremo bruciato le scatole utili per sopravvivere
e alzeremo un po' di più la voce, per chiamarci, per sentirci quello che resta.

Cardiopoetica

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